Indice prezzi al consumo USA: il dilemma degli investitori azionari Indice prezzi al consumo USA: il dilemma degli investitori azionari Indice prezzi al consumo USA: il dilemma degli investitori azionari

Indice prezzi al consumo USA: il dilemma degli investitori azionari

Titoli azionari 4 minutes to read
Simone di Biase

Head of Relationship Management BG SAXO

Riassunto:  il rapporto sull'Indice dei Prezzi al Consumo degli Stati Uniti mostra che l'inflazione di base è aumentata a gennaio rimanendo ostinatamente alta intorno al 7% di su base annua.
Inizialmente, a dispetto di quanto si potesse immaginare, i Future S&P 500 hanno reagito positivamente alla pubblicazione di questi dati: un comportamento che molto probabilmente riflette la compensazione di coperture e altre posizioni in derivati, mentre ormai è chiaro che l'inflazione rimane alta. Gli investitori si trovano di fronte a un dilemma perchè seppur l'inflazione elevata non rifletterà alcuna recessione, probabilmente porterà a tassi di interesse più elevati e valutazioni azionarie più basse.


L’inflazione è ancora alta e i dati di questa settimana lo confermano con l'Indice dei Prezzi al Consumo (IPC) base e core di gennaio degli Stati Uniti in linea con le stime, mentre sono stati rivisti al rialzo i dati di dicembre.
La reazione iniziale è stata positiva per tutte le Azioni, con i Future S&P 500 in rialzo fino a 4.186,50 mentre anche il rendimento dei decennali statunitensi è sceso al ribasso. Gli analisti si sono concentrati sull'IPC dei servizi principali, esclusi i beni rifugio che, come evidenziato dal presidente della Fed Powell, si è raffreddato su base annua a gennaio.

Al di fuori di questa definizione ristretta di inflazione, sia l'Indice dei Prezzi al Consumo primario sia quello di base sono rimasti elevati e con la revisione al rialzo di dicembre l'allentamento dell'inflazione sembra limitato. L'IPC dei servizi degli Stati Uniti esclusa l'energia che rappresenta circa il 57% del paniere dell'IPC complessivo, è aumentato dello 0,55% m/m a gennaio, spingendo la media a 6 mesi fino allo 0,59% m/m, indicando che il settore dei servizi degli Stati Uniti in generale sta registrando un'inflazione ostinatamente elevata di oltre il 7% annualizzato.

La reazione iniziale si è spostata su un'interpretazione più negativa con i Futures S&P 500 in calo rispetto alla chiusura di martedì, mentre il rendimento del decennale statunitense si sta adeguando al rialzo. Gli investitori sono davanti ad un vero e proprio dilemma perché le azioni sono valutate alla perfezione con la quotazione azionaria che torna al di sopra delle medie storiche, come confermato nelle scorse settimane. Questa “perfezione” dell'assenza di recessione, dell'allentamento dell'inflazione e della limitata pressione sui margini tra le aziende è difficile da capire. Se la Cina avrà successo nella sua riapertura e i dati macroeconomici nel mondo sviluppato rimarranno tali da evitare una recessione, allora l'inflazione rimarrà probabilmente alta più a lungo rischiando di diventare vischiosa ad un livello molto più elevato di quello che riflette attualmente il rendimento a 10 anni degli Stati Uniti. Questo scenario metterebbe le valutazioni azionarie sotto pressione a causa di rendimenti obbligazionari più elevati e pressioni sui margini, anche considerato che la riapertura della Cina dovrebbe mantenere i prezzi delle materie prime alte o addirittura portare un nuovo aumento.

Se l'inflazione tornasse effettivamente ai livelli riflessi negli swap sull'inflazione, l'economia globale potrebbe scivolare in recessione e questo potrebbe causare un aumento del premio per il rischio azionario e un calo della valutazione azionaria oltre ad una crescita inferiore. In altre parole, gli investitori azionari si misurano con questo dilemma e con forti guadagni già realizzati nelle prime sette settimane dell'anno, gli investitori, d’ora in poi, potrebbero sperimentare una strada più accidentata.

 

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